• Come quasi tutti i settori anche quello del GNL ha risentito della pandemia da Covid 19.
    Da gennaio a settembre le esportazioni si sono ridotte. Il taglio maggiore lo hanno subito gli USA, con una compressione del 30% di export per totali 170 carichi mancati. Ad eccezione di Qatar, Nigeria, Angola, Camerun, Brunei e Papua Nuova Guinea neanche per gli altri grandi produttori le cose sono andate meglio. Per far fronte alla perdita di domanda molti paesi sono ricorsi allo stoccaggio di GNL direttamente sulle navi metaniere, per essere pronti in vista della futura (e sicura) ripresa della domanda.
    Il blocco di molte attività produttive e un inverno particolarmente mite, hanno determinato un calo dei consumi di gas pari al 4% nel primo semestre 2020. Tale condizione ha influito anche sui prezzi: basti pensare che quelli asiatici ed europei sono calati del 50% nei primi 6 mesi del 2020, per poi recuperare nel terzo trimestre.
    Un nuovo scenario che ha consolidato  la vendita di GNL sulla base di accordi spot di breve termine. Un fatto dovuto anche al sempre maggiore potere dei buyers, che chiedono più libertà di approvvigionamento alle condizioni loro più favorevoli e, dunque, non intendono legarsi ad un fornitore per tempi lunghi a condizioni economico-logistiche predeterminate.
    Dando un occhio al futuro, le prospettive per il mercato GNL sono comunque positive: si stima si chiuderà il 2020 con una crescita di 2 punti percentuali per poi arrivare a +3% nel 2021.
    (Newsletter GME n° 142/2020)
  • Milano anticipa di un anno la messa al bando delle caldaie a gasolio e biomassa. Gli edifici che le usano per il riscaldamento dovranno sostituirle entro il 1 ottobre 2022 e non più 2023 come previsto precedentemente.
    Nel Comune ci sono ancora 1500 caldaie a gasolio funzionanti – dice l’assessore alla Mobilità Marco Granelli – tutte in edifici privati, visto che il pubblico ha già provveduto a sostituire quelle operanti nelle case popolari, con un impegno pari a 11 milioni €. –
    (www.e-gazette.it)

 

  • Il TAP (Trans Adriatic Pipeline) è ufficialmente in funzione. L’infrastruttura, che fa parte del Corridoio Meridionale del Gas, ha visto investimenti per 4 miliardi € e trasporterà fino a 10 miliardi mc/anno di gas dall’Azerbaijan fino all’Italia, passando per Turchia, Grecia ed Albania.
    Secondo la società di gestione TAP consente di raggiungere un duplice obiettivo: da una parte aprire una nuova rotta dell’energia affidabile e sostenibile, dall’altra rendere disponibile una nuova fonte di approvvigionamento gas ulteriore tutela di cittadini ed imprese.
    (www.e-gazette.it)

 

  • Arrivano i primissimi numeri del Superbonus. Allo scorso 18 novembre erano stati ammessi a goderne 193 interventi per un ammontare di 14,7 milioni € di investimenti, i quali hanno generato crediti per 16,2 milioni €.
    A dichiararlo il ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli che ha precisato come i dati si riferiscano ad un periodo di soli 20 giorni, essendo il monitoraggio partito il 27 ottobre.
    (www.e-gazette.it)

 

  • Il numero di novembre della rivista “La Termotecnica” riporta un’interessante editoriale del prof. Ennio Macchi, emerito di macchine e sistemi energetici presso il Politecnico di Milano e fondatore del Dipartimento di Energia presso lo stesso ateneo. l’intervento verte sul contributo che il metano può dare nel contenimento delle emissioni di CO2 anche nel campo della generazione elettrica.
    Macchi apre il suo ragionamento sottolineando come il settore termoelettrico sia responsabile di una quota importante ed in costante crescita (pari oggi al 36%) delle emissioni globali di CO2. La quasi totalità degli scenari che prevedono una rapida transizione del settore verso le 0 emissioni affidano un ruolo centrale a sole e vento, ovvero le 2 fonti non programmabili per eccellenza, che, a parere di Macchi, non possiederebbero i presupposti per assicurare gli apporti energetici necessari nei tempi previsti. A dimostrazione vengono citati i dati sull’evoluzione del settore nel recente passato. Nel ventennio 1998-2018, pur in presenza di politiche di forte promozione delle rinnovabili (il Protocollo di Kyoto è del 1997), la domanda di elettricità a livello mondiale è cresciuta dell’83%, mentre l’apporto delle rinnovabili sul totale è rimasto costante, attorno al 35%. In pratica il 65% della nuova richiesta di energia è stato fornito dalle fonti fossili.
    L’evoluzione delle emissioni del settore elettrico dipende, sostanzialmente, da tre fattori: domanda mondiale di energia, percentuale di produzione pulita; emissioni della produzione fossile. Dal momento che la percentuale rinnovabile è rimasta costante nel tempo (cioè non è cresciuta più della richiesta di nuova energia) è chiaro che l’unico fattore che ha potuto far diminuire le emissioni specifiche del settore (-22% gr/KWh nel periodo considerato) è stato il diverso mix di combustibili fossili utilizzati. Nella fattispecie con il gas naturale che ha eroso buona parte delle quote legate ai derivati del petrolio (rispettivamente dal 26% al 37% il gas e dal 14% al 4% i derivati), con l’apporto del carbone stabile (dal 60% al 59%).
    Da questi dati si evince che se si convertisse a gas naturale tutta la produzione da carbone ci sarebbe un taglio immediato del 40% delle emissioni (-5.000 MTon/ CO2). Per ottenere lo stesso risultato col fotovoltaico bisognerebbe decuplicare l’attuale potenza installata. Lo switch carbone/gas, benché non di semplice attuazione, oltre ai benefici in termini di emissioni, salvaguarderebbe anche la gestione della rete elettrica, assicurando flessibilità nella produzione. Inoltre con lo sviluppo dei gas rinnovabili anche queste centrali potrebbero diventare ad emissioni pressoché nulle in un futuro non troppo lontano.
    Dando uno sguardo alla situazione specifica italiana il quadro è alquanto peculiare. La particolarità maggiore è il grande apporto del termoelettrico da metano, che assicura circa il 65% dell’elettricità nazionale. Altra caratteristica è la rapida crescita, concentrata nel quinquennio 2008-2013, di solare, eolico e biomassa che hanno portato ad un raddoppio della produzione rinnovabile. La terza è il sostanziale arresto della crescita di domanda elettrica successivo al 2009. Una situazione che ha portato aduna forte diminuzione delle emissioni di settore (-38%) nell’ultimo ventennio, a fronte di un aumento delle stesse a livello mondiale pari al 43,8%. Il dato cumulativo dice che almeno il 60% di questo calo è legato all’efficienza della produzione termoelettrica e cogenerativa da metano.
    Il gas contribuirà a fornire un importante contributo alla decarbonizzazione e gestione del paese. Infatti, grazie agli sviluppi tecnologici, le nuove centrali hanno raggiunto un’efficienza del 64% e permettono di tamponare in pochi minuti anche forti mancanze legate alla non programmabilità delle fonti rinnovabili. A ciò va ad unirsi la grande potenzialità futura dei già citati gas rinnovabili. Dal power-to-gas per immagazzinare l’elettricità rinnovabile sotto forma di idrogeno, all’utilizzo di tecnologia di cattura della CO2 con le potenzialità di rendere l’uso del metano praticamente carbon free.
    Quello che traspare, più in generale, è che un’economia basata sul binomio elettricità + gas puliti offra prospettive più promettenti, in termini di costo ed affidabilità, all’alternativa del “tutto elettrico”.
    (La Termotecnica – novembre 2020)

 

  • L’Europa ha deciso di tagliare le emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Ad annunciarlo il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel che indica il nostro continente come leader nella lotta ai cambiamenti climatici e fortemente intenzionato a percorrere la strada che porta alle 0 emissioni nel 2050.
    (www.ansa.it)

 

  • Salgono a novembre, per il quarto mese consecutivo, i consumi di gas italiani, attestandosi a 6.921 milioni mc (+3,8% sull’anno precedente). A guidare la crescita il settore termoelettrico (+9,1%), seguito dal civile (+3%) e da quello industriale (+1%).
    Lato offerta le importazioni sono calate del 10%. Un fenomeno che ha interessato sia gli arrivi via gasdotto (-10%) che quelli di GNL (-7%). In calo anche la produzione nazionale, che perde il 12%. La maggiore domanda è stata, dunque, soddisfatta attingendo dai siti di stoccaggio, le cui immissioni nel sistema sono aumentate del 74%. Nonostante ciò il livello di riempimento è ancora intorno all’85% della capacità massima. L’analisi degli arrivi mostra la già citata flessione presso tutti i punti di arrivo dei gasdotti sul territorio nazionale: a Passo Gries, dove arriva il metano del Nord Europa, la flessione è stata del 99%; a Tarvisio (Russia) -31%; Gela, dove arriva il gas libico ha perso il 27%. L’unico hub in controtendenza è stato Mazara del Vallo, dove l’arrivo di gas algerino è aumentato del 148%.
    Da segnalare, poi, l’avvio di attività del TAP, con il primo milione di mc di metano arrivato a Melendugno.
    Per quanto riguarda i prezzi quelli nazionali sono in lieve rialzo rispetto ad ottobre (+0,29 €/MWh), segnando così il nuovo massimo per il 2020 a 13,89 €/MWh. Cifra che rimane, comunque, inferiore a quella registrata a novembre 2019 (-2,48 €/MWh; – 15,2%). Dinamica differente a livello europeo, dove i prezzi medi sono leggermente scesi segnando 13,73 €/MWh (0,76 €/MWh su novembre 2019 e -0,17 €/MWh rispetto ad ottobre 2020).
    (Newsletter GME – n° 143/2020)

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